martedì 12 aprile 2011


Nelle parole come a casa




“Magda Lemonnier ritaglia parole dai giornali, parole di tutte le misure e le conserva in alcune scatole. Nella scatola rosa conserva le parole di rabbia. Nella scatola verde le parole d’amore. Nella scatola azzurra le parole neutrali. Nella scatola gialla le parole tristi. Nella scatola trasparente conserva le parole magiche. Talvolta lei apre le scatole e le rovescia sul tavolo, affinché le parole si mescolino a casaccio. Allora, le parole le raccontano quanto accade e le annunciano quanto accadrà” (Parole in cammino di Eduardo Galeano). Questa piccola storia di Galeano mi ha ricordato molto da vicino il legame che Angeliki Drossaki intrattiene con le parole. Entrando nel suo laboratorio si trovano lettere dappertutto, riposte in scatole, cassetti, casse tipografiche, allegramente sparse sul tavolo dove lavora. Queste poi si accostano disinvolte a comporre parole. Sembra che tutto accada per effetto di una forza misteriosa. Parole amorose, ribelli, furibonde, tristi, dimenticate o cariche di speranza prendono forma dai caratteri tipografici e marcano un’impronta delicata sull’arrendevole argilla. Angeliki assiste al prodigio e intepreta quei segni, vi legge una sottile rete di significati. E poi pesca nel mare della tradizione, in quelle frasi e proverbi che abbiamo sentito dai nonni e dalle nonne, mettendone a repentaglio il significato. Gioca, cambiando una o più parole, et voilà, ecco la sorpresa. Calembours, giochi di parole per dare un vestito nuovo e personale a detti antichi. Se è vero che l’arte nasce dall’urgenza di fermare il tempo, nel suo fare arte Angeliki torna alle origini. Ferma il tempo in frammenti di argilla, come i primi scriba della storia umana che scavavano pittogrammi e alfabeti su tavolette di terra cruda. O come gli antichi abitanti di Festo a Creta, da cui abbiamo ereditato un indecifrabile disco di argilla. Una spirale di simboli impressi con piccoli timbri, che si dice sia il primo documento a stampa con caratteri mobili della storia umana. Fermare il mondo in continua trasformazione e tramandarlo, questo è lo scopo di chi scrive. Aprire scatole e rovesciare sul tavolo parole, giocare d’azzardo fino a sfiorare il non sense, il gioco, perché in esso c’è sempre un fondo di verità. Grazie ad esso i significati nascosti possono venire alla luce proprio come in un ritrovamento archeologico. Angeliki compie un viaggio à rebours, a partire dagli elementi minimi del linguaggio, la parola o addirittura la singola lettera. Un infinito gioco di combinazioni e di intrecci per ordire una personale sintassi della superficie. Lettere che si intrecciano, si sovrappongono e si impastano agli smalti, dando luogo ad aeree composizioni dai colori caldi. Parole isolate in piccole tessere d’argilla e tessute poi tra loro in trame, dove l’andamento lineare della lettura viene messo in discussione. Piuttosto l’occhio dell’osservatore è chiamato a muoversi liberamente sul tessuto di parole, cercando le varie possibilità combinatorie e il significato che in esse si cela. Tessuti d’argilla che diventano testi da leggere e non è un caso che la parola ‘tessere’, che indica l’azione del fare una stoffa, intrecciando i fili dell’ordito e della trama, abbia la stessa radice di ‘testo’, che letteralmente significa proprio tessuto. E a questo rimandano anche le impronte leggere di pizzo, con cui Angeliki crea piccoli regni calligrafici e tramanda insieme la memoria di un gesto ancestrale, quello del ricamare e del tessere.


Presentazione catalogo Dum scribo spero - l'arte della scrittura e la scrittura nell'arte ceramica di Angeliki Drossaki